Lavorare gratis, lavorare tutti by Domenico De Masi

Lavorare gratis, lavorare tutti by Domenico De Masi

autore:Domenico De Masi [De Masi, Domenico]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 2016-03-14T23:00:00+00:00


7

Non stare al gioco

Per quanto tempo chi si è svegliato farà finta di dormire?

VIVIANE FORRESTER

Uomini e macchine. Quella dello sviluppo senza lavoro, del jobless growth, è una questione recente, esplosa nella società postindustriale. Nella precedente società industriale, i cicli di espansione economica coincidevano sempre con i cicli di espansione lavorativa. Prima ancora, nella lunga società rurale, erano le carestie, le guerre e le invasioni a creare squilibri nel mercato del lavoro. I Greci e i Romani rifiutavano la tecnologia e scaricavano sugli schiavi tutte le incombenze quotidiane. Una casa particolarmente ricca arrivava a impiegare anche mille schiavi; un ateniese medio ne possedeva una decina. Dall’infanzia alla morte, Greci e Romani liberi erano mantenuti dal lavoro servile. In casa gli schiavi provvedevano a tutte le faccende, alla portineria, alla cucina, alla macina del grano, alle prestazioni sessuali, all’allattamento, alla sorveglianza e alla cura dei bambini, alla pulizia, alla tessitura. In città provvedevano all’igiene e all’ordine pubblico, alle botteghe, ai trasporti, ai pubblici esercizi, all’amministrazione, alla zecca. Fuori città alla coltivazione della terra, all’allevamento del bestiame, alle miniere, alla caccia, ai trasporti, alla pesca.

Solo intorno al X secolo d.C. i proprietari furono costretti dalla scarsità di «bestiame umano» e di bestiame animale a impiegare la possente forza inorganica del mulino ad acqua per la molitura, la concia, la follatura e inventarono le seghe idrauliche, i magli da officina, la ferratura delle bestie da soma, l’attaccatura in fila delle bestie da tiro, la bardatura moderna dei cavalli, la staffa, la rotazione triennale delle colture. E poi, nel XII secolo, l’arcolaio, la polvere da sparo, la bussola, la stampa, gli occhiali, l’orologio meccanico: tutte invenzioni che, in un primo momento, supplirono alla carenza di manodopera e, successivamente, diffuse oltre il previsto, ne determinarono l’esuberanza.

Sono stati proprio i «secoli bui» del Medioevo a gettare una prima luce sulla condizione umana del lavoro e a creare i primi supporti meccanici per alleviarla. Parte da essi, infatti, quella spinta all’innovazione tecnologica che molti anni dopo troverà nell’Illuminismo la concettualizzazione sistematica e nella rivoluzione industriale la realizzazione concreta su vasto raggio.

Come alla fine del Medioevo la scarsità di schiavi e l’esigenza di lavoratori motivati portò all’adozione di nuove tecnologie e alla nascita del modo di produzione protoindustriale, così a partire dalla fine del Settecento, soprattutto in Inghilterra, la scarsità di proletari assuefatti al lavoro di fabbrica e la forza motrice offerta dalle nuove macchine azionate prima dall’energia idraulica e poi da quella elettrica portarono alla meccanizzazione della filatura e della tessitura, dando vita e sviluppo alla produzione industriale.

La meccanizzazione dei processi ne fornì gli arti, la centralizzazione del comando ne rappresentò il cuore, l’organizzazione scientifica dei tempi e dei metodi ne costituì la mente. Alla base di tutto restava, comunque, il perenne desiderio umano di migliorare la qualità della vita riducendo il castigo biblico della fatica. «È venuto il tempo» scrisse Marx «in cui gli uomini non faranno più ciò che le macchine possono fare.»

Fannulloni e scapestrati. Da quando Marx concepì questa idea, e prima che si aprisse



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